Giornate di studio 13-14 maggio 2011
Via Calderai ex Pescheria - Giarre (CT)
"La Qualità delle Acque del Versante Orientale dell'Etna e il loro potenziale utilizzo ai fini potabili e commerciali” è il tema trattato dallo scrivente nell’ambito della due giorni di studio sulle acque tenutosi a Giarre (CT) nei giorni 13 e 14 Maggio 2011.
Si ripropone di seguito una sintesi significativa dell'intervento.
La qualità delle Acque dell'Etna è elevata. In genere rispettosa dei parametri chimici, fisici e microbiologici previsti dalla normativa di riferimento, ossia il D.lgs. n. 31 del 02/02/2001. Questa realtà è diffusa, nel senso che quasi per intero, laddove la falda idrica è a oltre i 70 m dal piano campagna, l’Etna possiede acque che senza alcun pretrattamento depurativo possono essere conferite in acquedotto. Non è facile né frequente ritrovare questa realtà. Essa si realizza in un’area densamente urbanizzata, sprovvista in genere di fognature dinamiche per il trattamento adeguato degli scarichi prima del loro smaltimento che normalmente avviene nel suolo. Immaginate che non esistono né fognature né depuratori eppure le acque sotterranee mantengono la loro qualità. Perché?
La qualità delle Acque dell'Etna è elevata. In genere rispettosa dei parametri chimici, fisici e microbiologici previsti dalla normativa di riferimento, ossia il D.lgs. n. 31 del 02/02/2001. Questa realtà è diffusa, nel senso che quasi per intero, laddove la falda idrica è a oltre i 70 m dal piano campagna, l’Etna possiede acque che senza alcun pretrattamento depurativo possono essere conferite in acquedotto. Non è facile né frequente ritrovare questa realtà. Essa si realizza in un’area densamente urbanizzata, sprovvista in genere di fognature dinamiche per il trattamento adeguato degli scarichi prima del loro smaltimento che normalmente avviene nel suolo. Immaginate che non esistono né fognature né depuratori eppure le acque sotterranee mantengono la loro qualità. Perché?
Prima di tutto per la intrinseca natura del sottosuolo etneo, costituito da terreni che esprimono un altissimo potere autodepurante per processi di filtrazione meccanica o di adsorbimento legati alla granulometria e, conseguentemente, alla porosità dei terreni. Inoltre la natura dei terreni determina fenomeni di trasformare delle sostanze inquinanti per processi ossido-riduttivi, precipitativi, di scambio ionico o altro, vincolati alla possibilità di lunghi tempi di contatto acqua-terreno, garantiti dai terreni granulari, specie di quelli a grana minuta come tufiti, lahars, paleosuoli sabbioso-limosi (fig. 2 e 3), non di rado a matrice argillosa. Quest’ultima è presente in particolare nei paleosuoli, frutto dei processi di lateritizzazione per pedogenesi quando questi erano suolo attivi, ossia terreni a contatto con l’atmosfera.
Fig. 2 - Frequente condizione stratigrafica etnea |
L’Etna inoltre è un grande serbatoio idrico per due motivi fondamentali: l’alta piovosità dei suoi versanti, specie di quello orientale, che si oppone ai venti umidi di sud-est (scirocco), che determinano il cosiddetto “effetto STAU” (vedasi foto 1), e la grande permeabilità che in genere caratterizza i terreni di copertura, specie quelli presenti alle medie e alte quote del vulcano (2000-3300 m s.l.m.). In tali condizioni si realizza una infiltrazione efficace formidabile, prossima al 100%. Tale realtà determina una ricchissima circolazione idrica sotterranea la cui velocità e vettorialità dipende dall’assetto del substrato impermeabile (acquiclude), a sua volta profondamente condizionato dalla tettonica peculiare del versante orientale dell’Etna, che risente dell’assetto locale e della tettonica regionale (Scarpata Ibleo-Maltese). Il versante orientale, che tende a scivolare verso lo Ionio alla velocità di 3 cm/anno (Ruch, J. at alii, 2010; Carveni et all. 1997) è interessato da faglie distensive che lo sbloccano e realizzano la famosa gradinata di faglie che dal cratere centrale arriva fino a mare e oltre, continuando in mare fino a notevole distanza dalla costa. Le faglie rappresentano elementi di drenaggio idrico preferenziale sotterraneo perché tendono ad innalzare localmente la permeabilità
fig. 3 - Dettagli fig.2 |
della fascia di disturbo tettonico e perché, trattandosi di faglie dirette contrarie, orientate normalmente NNW-SSE, determinano un assetto geometrico degli strati che favorisce l’accumulo dell’acqua, effetto diga nei confronti delle direttrici idriche che notoriamente tendono ad essere radiali rispetto al corpo centrale del vulcano pertanto, trasversali rispetto alla faglie.
Le faglie sono altresì i canali preferenziali per la risalita di gas dal profondo, in primo luogo la CO2, accompagnata da piccole quantità di SO2 (anid. solforosa), HCl, HF. L’acidità acquisita dalle acque con la dissoluzione di questi gas e fluidi di chiara origine vulcanica, viene tamponata dalla dissoluzione dei minerali che formano le rocce dell’acquifero. Questo concretizza il più significativo processo di mineralizzazione delle acque. Secondariamente, il mescolamento con acqua marina (lungo la pianura costiera di Fiumefreddo e Mascali), e/o con acque saline provenienti dal basamento sedimentario del vulcano e il contributo antropico da attività agricola (nitrati, solfati, cloruri), rappresentano l’altra fonte di mineralizzazione.
La risalita di gas e fluidi endogeni che si dissolvono nelle acque e la struttura geologica del vulcano realizzano una spinta varietà di falde idriche caratterizzate da diverso facies geochimica e diversa grado di mineralizzazione sia verticalmente che orizzontalmente. Le faglie e la relativa fascia di fratturazione rappresentano spesso, oltre che canali di risaluta preferenziale di gas e fluidi, il collegamento tra falde normalmente non comunicanti (acquiferi multi falda) che, miscelandosi generano nuove e imprevedibili facies geochimiche. Questa in sintesi è la ricchezza del vulcano in termini idrogeologici e idrogeochimici.
Per quanto variabile siano le facies geochimiche sono in genere da ricondurre a quella bicarbonato alcalino terrosa a tendenza magnesiaca sintetizzabile in questo modo: HCO3>Cl>SO4 = Na>Mg>Ca; il diagramma di Fig. 5 rende conto della classificazione delle acque secondo il diagramma di Lengelier-Ludwig. Il diagramma triangolare di fig. 6 rende conto della ricchezza di sodio e potassio da attribuire alla mineralizzazione da HCO3, come testimonia il diagramma triangolare degli anioni di fig. 7 e non, come potrebbe sembrare, dall’azione mineralizzante di acque marina. La ricchezza dello ione bicarbonato da ricondurre alla natura vulcanica del sottosuolo e alla sua risalita dai circuiti vulcanici è la condizione che meglio predispone alla mineralizzazione.
Fig. 5 - Diagramma di Langelier-Ludwig acque dell'Etna (Piano di tutela delle acque di cui al D.lgs 31 del 2/2/2001 |
Da studi eseguiti dallo scrivente e dal confronto con il quadro idrochimico delle acque minerali in commercio una delle zone più interessanti dal punto di vista idrominerale è il territorio tra i comune di di Acireale e S. Venerina. Qui è stato campionato un numero significativo di pozzi in gran parte destinate all’irriguo ma anche pozzi destinati all’approvvigionamento idropotabile di S. Venerina e di Acireale. Sono stati diagrammati i valori parametrici delle acque per effettuare un confronto sinottico con i valori guida delle acque
Fig. 6 - Facies cationica delle acque dell'Etna (Piano di tutela delle acque di cui al D.lgs 31 del 2/2/2001) |
delle acque destinate al consumo umano secondo il D.P.R. 236/88 (adesso d. l.gs 31 del 2/2/2002). Nello stesso diagramma sono stati proiettati i valori di delle maggiori (in termini commerciali) acque minerali italiane. Si è constatato che i valori delle acque locali si avvicinassero ai valori guida delle acque del D.P.R. 236/88 più di quanto normalmente si avvicinassero quelle delle acque in commercio. Un’indagine tra la popolazione fruitrice della acque ha verificato che le acque dell’acquedotto venivano considerate organoletticamernte apprezzatissime (acque definite localmente saporite e “spizzusi”). Tale realtà si concretizza non per un eccesso di mineralizzazione da metalli alcalini (nocivi entro oltre certi limiti alla salute) e carbonati (acque oligo e mediominerali mediamente dure), ma con una relativa ridotta mineralizzazione. Il sapore alle acque viene conferito dalla notevole quantità di CO2
disciolta, proveniente dal profondo, veicolata da faglie locali importanti, le più attive dell’apparato vulcanico
etneo (faglie dei terremoti di Linera, S.Venerina, S. G. Bosco). È il tipico acquifero multifalda in cui le falde tendono a miscelarsi tra loro per l’esistenza di discontinuità tettoniche che le mettono in comunicazione idraulica, cui si associa la miscelazione ingenerata dagli stessi pozzi che interessano più falde.
Punti di debolezza del sistema idrogeologico etneo sono costitutivi da un pronunciato abbassamento della falda nell’ultimo cinquantennio, sull’ordine dei 70 m (Ferrara at alii, 1993), e la progressiva incrementazione dei parametri chimici a causa dell’approfondimento dei pozzi che tendono a seguire, appunto, l’abbassamento della falda e quindi a pescare da falde più profonde e mineralizzate. Contribuisce altresì il ridotto potere diluente nei confronti dei processi d’insalinamento lungo la fascia costiera e dei processi di mineralizzazione indotti da percolati da attività antropica, come i nitrati, i fosfati e i sali potassici utilizzati nell’agricoltura.
Fig- 8 - IL sistema delle faglie del basso versante orientale dell'Etna |
In sintesi, quantità notevoli d’acque sotterranee dotate di ottima qualità (per la loro mineralizzazione non inquinata da contributi di attività antropiche) e varietà geochimica, nell’ambito di territori relativamente poco estesi, trovano un generale apprezzamento nei fruitori che ha riscontro nel rispetto dei limiti parametri imposti dalla normativa di riferimento e in un sapore particolare, “vivo”, conferito dalla presenza di CO2 disciolta, accompagnata da una mineralizzazione generalmente non eccessiva che rende le acque del versante orientale dell’Etna (ma in genere dell’intero territorio vulcanico) adatte ad un consumo intenso. Ai fini della completezza d’informazione vengono omesse valutazioni circa i problemi emergenti da tempo legati al Vanadio, presente oltre i limiti della normativa nelle acque della zona di Bronte (da poco tale limite è stato innalzato dal ministero dell’ambiente perché ritenuto possibile a seguito di studi dell’Istituto di Igiene di Catania)
Volendo sintetizzare il contenuto del presente articolo, per le acque del versante orientale dell’Etna è possibile concludere:• Ottima qualità e spiccata varietà geochimica delle acque
• Ottima capacità di difendersi spontaneamente dall’inquinamento organico
• Pericolosi segnali di eccessivo sfruttamento della falda
• Pericolosi segnali d’inquinamento da nitrati
Giuseppe Filetti
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